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VINO e SPIRITS: un mercato in trasformazione tra cultura, salute e marketing



Negli ultimi anni, il mercato del vino sta affrontando una battuta d’arresto significativa. Nonostante la sua storica centralità nella cultura alimentare italiana e il ruolo di simbolo del Made in Italy nel mondo, il consumo di vino sta cambiando.


Secondo l'ISTAT, nel 2022, il 55% degli italiani sopra gli 11 anni ha consumato #vino, un dato in lieve ripresa rispetto all'anno precedente. Tuttavia, i consumatori quotidiani, che rappresentano la spina dorsale del mercato, sono diminuiti drasticamente nell’ultimo decennio, passando da oltre 15 milioni nel 2008 a circa 12 milioni nel 2022.


Nel frattempo, il mercato degli #spirits non solo resiste, ma cresce a ritmi sostenuti. Nel 2024, ad esempio, il settore ha registrato un incremento delle vendite del 40%, con il gin che ha dominato le preferenze degli italiani, segno di un rinnovato interesse per il mondo dei distillati e dei cocktail. Non è un caso isolato: report globali indicano che la categoria dei distillati premium e super-premium è cresciuta del 6,5% annualmente negli ultimi cinque anni, mentre il mercato del vino a livello globale ha registrato un incremento di solo l'1,8%. Questo divario di performance solleva interrogativi importanti: quali sono le cause di questa discrepanza?


Salute o cultura? I nuovi paradigmi del #consumo

Una delle spiegazioni comunemente avanzate per il rallentamento del vino è l'aumento della consapevolezza sui temi di salute. In #Europa, politiche restrittive sull’alcol e campagne di sensibilizzazione, come il “Piano europeo contro il cancro 2021-2025”, promuovono una maggiore moderazione nel consumo di bevande alcoliche. Questa narrativa ha portato a un calo nei consumi regolari di vino, sostituiti da occasioni di consumo più rarefatte e legate ad eventi particolari.

Tuttavia, questa spiegazione non giustifica completamente il successo degli spirits, anch’essi alcolici e potenzialmente soggetti alle stesse limitazioni.

Qui entra in gioco un fattore culturale e generazionale. Le generazioni più giovani, in particolare i Millennials e la Generazione Z, sembrano più attratte da esperienze innovative e personalizzate, caratteristiche che gli spirits e i cocktail offrono più facilmente rispetto al vino. Il trend della #mixology ha trasformato il consumo di spirits in un'esperienza creativa e socializzante, lontana dall'immagine più tradizionale e forse "ingessata" del vino.


Il ruolo del marketing: più innovazione, più narrazione

Un’altra possibile chiave di lettura è la strategia di #marketing. Gli spirits hanno dimostrato una capacità superiore di innovare e raccontare storie accattivanti al consumatore. Marchi come Bombay Sapphire o Hendrick’s hanno costruito narrazioni di marca forti, puntando sull’unicità degli ingredienti, sulla sostenibilità e su packaging di design. Inoltre, il legame degli spirits con il mondo dei cocktail consente di raggiungere un pubblico più giovane attraverso eventi, social media e influencer.

Il vino, invece, soffre spesso di una comunicazione più frammentata, ancorata alla tradizione e con un minore orientamento verso il pubblico giovane. Sebbene alcune cantine abbiano adottato strategie innovative, come l’utilizzo di #NFT per tracciare l’origine delle bottiglie o la promozione di vini biologici e naturali, il settore complessivo sembra muoversi più lentamente.


Una questione di percezione: accessibilità e prezzo

Anche il prezzo gioca un ruolo chiave. Mentre molti spirits offrono opzioni di fascia media accessibili e accattivanti, il vino soffre di una percezione di inaccessibilità, con i consumatori meno esperti spesso disorientati dalla grande varietà di etichette e denominazioni. Inoltre, l'alta qualità del vino è spesso associata a un prezzo elevato, mentre gli spirits premium riescono a comunicare valore aggiunto anche in fasce di prezzo intermedie.


Il futuro del Made in Italy

Questa trasformazione del mercato influisce chiaramente sul Made in Italy.

Da un lato, è necessario che il settore vinicolo adotti un approccio più dinamico, investendo in strategie digitali, sostenibilità e storytelling per riconquistare l'attenzione dei giovani consumatori. Dall'altro, il successo degli spirits italiani, come l’amaro e il vermouth, può diventare una leva strategica per rafforzare la posizione del Paese sui mercati globali.


La domanda cruciale, tuttavia, rimane aperta: la tendenza verso gli spirits rappresenta solo un ciclo di moda, o segna una trasformazione culturale più profonda nei consumi? E, in questo scenario, il vino italiano, emblema della tradizione, come può evolversi senza perdere la propria identità?


Il rallentamento del vino e l’ascesa degli spirits non sono fenomeni isolati, ma riflettono un cambiamento più ampio nei comportamenti dei consumatori. Salutismo, ricerca di esperienze innovative e strategie di marketing aggressive stanno ridisegnando il panorama del mercato alcolico.

Per il Made in Italy, pensiamo che la risposta non possa che essere duplice: innovare per competere nel presente e preservare la tradizione per mantenere la propria unicità nel futuro.

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